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Before you begin
- Labs create a Google Cloud project and resources for a fixed time
- Labs have a time limit and no pause feature. If you end the lab, you'll have to restart from the beginning.
- On the top left of your screen, click Start lab to begin
Create a bucket with the Cloud Storage JSON/REST API
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Upload a file using the Cloud Storage JSON/REST API
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Un'API (interfaccia di programmazione di un'applicazione) è un programma software che permette agli sviluppatori di accedere a risorse di elaborazione e dati. Società di diversi settori rendono le loro API disponibili pubblicamente per consentire agli sviluppatori di integrare strumenti, librerie o servizi specializzati nei propri codebase e applicazioni.
In questo lab scoprirai l'architettura e le funzionalità di base delle API. Potrai anche provare in prima persona a configurare ed eseguire metodi dell'API Cloud Storage in Google Cloud Shell. Una volta completato questo lab comprenderai i principi fondamentali della comunicazione, dell'architettura e dell'autenticazione delle API. Grazie alle prove pratiche avrai anche modo di fare esperienza con le API, che potrai applicare ad altri lab e progetti in futuro.
Gli argomenti trattati in questo lab sono:
Questo è un lab di livello preliminare. È adatto per chi ha conoscenze scarse o nulle delle API ed esperienza scarsa o nulla nell'utilizzo delle API di Google. Suggeriamo, ma non è obbligatoria, esperienza con gli ambienti shell e gli strumenti di interfaccia a riga di comando. È consigliabile avere familiarità con la console Cloud e Cloud Storage. Quindi, prima di iniziare, ti consigliamo di seguire almeno questi lab:
Quando vuoi iniziare, scorri verso il basso e segui i passaggi indicati di seguito per configurare il tuo ambiente lab.
Leggi le seguenti istruzioni. I lab sono a tempo e non possono essere messi in pausa. Il timer si avvia quando fai clic su Avvia lab e ti mostra per quanto tempo avrai a disposizione le risorse Google Cloud.
Con questo lab pratico avrai la possibilità di completare le attività in prima persona, in un ambiente cloud reale e non di simulazione o demo. Riceverai delle nuove credenziali temporanee che potrai utilizzare per accedere a Google Cloud per la durata del lab.
Per completare il lab, avrai bisogno di:
Fai clic sul pulsante Avvia lab. Se devi effettuare il pagamento per il lab, si apre una finestra popup per permetterti di selezionare il metodo di pagamento. A sinistra, trovi il riquadro Dettagli lab con le seguenti informazioni:
Fai clic su Apri console Google Cloud (o fai clic con il tasto destro del mouse e seleziona Apri link in finestra di navigazione in incognito se utilizzi il browser Chrome).
Il lab avvia le risorse e apre un'altra scheda con la pagina di accesso.
Suggerimento: disponi le schede in finestre separate posizionate fianco a fianco.
Se necessario, copia il Nome utente di seguito e incollalo nella finestra di dialogo di accesso.
Puoi trovare il Nome utente anche nel riquadro Dettagli lab.
Fai clic su Avanti.
Copia la Password di seguito e incollala nella finestra di dialogo di benvenuto.
Puoi trovare la Password anche nel riquadro Dettagli lab.
Fai clic su Avanti.
Fai clic nelle pagine successive:
Dopo qualche istante, la console Google Cloud si apre in questa scheda.
Come già detto, un'API (interfaccia di programmazione di un'applicazione) è un programma software che permette agli sviluppatori di accedere a risorse di elaborazione e dati. Le API seguono regole e metodi specifici per comunicare con chiarezza richieste e risposte.
La possibilità di accedere a dati e risorse di elaborazione aumenta notevolmente l'efficienza degli sviluppatori. Usare un'API è molto più facile che creare da zero ciascun programma, metodo o set di dati. Le API si fondano sul principio dell'astrazione: non è necessario capirne i meccanismi o le complessità interne per usarle nel proprio ambiente.
Le API sono progettate per gli sviluppatori e spesso non dispongono di una Graphic User Interface (GUI). Tuttavia, ci sono delle eccezioni. Google ha rilasciato un nuovo strumento chiamato Explorer API, che permette di esplorare diverse API di Google in modo interattivo (per saperne di più, dai un'occhiata al lab Explorer API: Qwik Start).
Google offre API utilizzabili in diversi campi e settori. Le API vengono spesso impiegate per ambiti quali sviluppo web, machine learning, data science e flussi di lavoro dell'amministrazione dei sistemi. Ma questi sono solo alcuni esempi di casi d'uso. Esplorando ad esempio AnyAPI, ti renderai conto di quante API sono disponibili.
Quando Qwiklabs esegue il provisioning di un nuovo progetto Google Cloud per l'istanza di un lab, abilita la maggior parte delle API "dietro le quinte", per consentirti di svolgere subito le attività del lab. Se crei progetti all'esterno di Qwiklabs, sarai tu a dover abilitare determinate API.
Familiarizzando con l'uso di Google Cloud, inizierai a usare più API nel tuo flusso di lavoro. Gli utenti esperti integrano e utilizzano le API Cloud nei loro ambienti in modo quasi esclusivo e raramente ricorrono a Cloud Console per eseguire strumenti e servizi. Sono disponibili decine di lab per sperimentare varie API di Google in diverse lingue. Eccone due esempi:
Ora esplorerai la libreria API per scoprire le API di Google disponibili.
La libreria API offre accesso rapido, documentazione e opzioni di configurazione per oltre 200 API di Google. Anche se si trova all'interno della console, è importante notare che la libreria ti consente di accedere a tutte le API di Google, non solo a quelle di Google Cloud. Questo evidenzia un concetto importante: le API sono fondamentali per tutti i servizi Google e non tutte le API Cloud fanno parte della categoria Google Cloud.
Adesso proverai ad attivare un'API nella libreria API. Immagina di essere uno sviluppatore di app mobile e di voler creare un'applicazione per un sito di fitness. Per farlo utilizzerai l'API Google Fitness.
Se torni all'API Fitness nella libreria API facendo clic due volte sul pulsante Indietro nella finestra del browser, vedrai che adesso l'API è abilitata:
Nella libreria API trovi link a tutorial, documentazione, termini di servizio e metodi interattivi disponibili in Explorer API. Per visualizzare informazioni sulle metriche e sull'utilizzo, utilizzerai la dashboard API e servizi.
Controlla l'API Fitness nella dashboard API e servizi della console Cloud.
In API e servizi sono riportati i dettagli relativi alle API utilizzate nel tuo progetto, compresi i livelli di traffico, i tassi di errore e persino le latenze. Questo ti aiuterà a individuare rapidamente i problemi delle applicazioni che utilizzano i servizi Google.
In questa pagina puoi visualizzare e richiedere quote, controllare l'accesso alle risorse e ai dati e visualizzare le metriche.
Per vedere una di queste funzionalità in azione, seleziona la scheda Quote,
Qui puoi vedere quante query questa API consente al giorno e al minuto:
Adesso che hai un po' di esperienza con il provisioning di un'API non Cloud, le altre prove pratiche riguarderanno l'API Cloud Storage. Ora scoprirai l'architettura e le funzionalità di base delle API.
Rispondi alle seguenti domande a scelta multipla per consolidare quanto hai imparato finora.
Le API sono un insieme di metodi che consentono ai programmi di comunicare tra loro. Per comunicare efficacemente, i programmi devono seguire un protocollo chiaro che regoli il trasferimento e l'interpretazione dei dati.
Internet è il canale di comunicazione standard che le API usano per trasmettere richieste e risposte tra programmi. Un modello client-server è l'architettura sottostante che le API basate sul web usano per scambiare informazioni.
Un client è un dispositivo di elaborazione (ad es. uno smartphone o un laptop) che invia una richiesta per ottenere una risorsa di elaborazione o dati. La richiesta del client deve essere formattata secondo il protocollo concordato.
Un server ospita dati e/o risorse di elaborazione. Il suo compito è quello di interpretare ed eseguire le richieste del client.
Qui sotto è riportata una rappresentazione visiva del modello client-server:
Dato che le API usano il Web come canale di comunicazione, molte seguono il protocollo HTTP, che definisce regole e metodi per lo scambio di dati tra client e server tramite internet. Il protocollo HTTP non viene usato solo dalle API, ma è anche lo standard della comunicazione Web per l'invio e la ricezione di dati su internet.
Le API che utilizzano il protocollo HTTP utilizzano i metodi di richiesta HTTP (noti anche come "verbi HTTP") per trasmettere le richieste dei client ai server. I metodi di richiesta HTTP più comuni sono GET, POST, PUT e DELETE.
Anche se ci sono centinaia di API, ciascuna con i suoi scopi e specializzazioni specifici, è importante capire che in sostanza usano tutte lo stesso protocollo e gli stessi metodi sottostanti per la comunicazione client-server.
Rispondi alle seguenti domande a scelta multipla per consolidare quanto hai imparato finora.
Le API usano i metodi HTTP per interagire con dati o servizi di elaborazione ospitati su un server. Questi metodi risultano inutili se non è disponibile un modo coerente per accedere a risorse specifiche. Le API sfruttano canali di comunicazione detti endpoint per consentire ai client di accedere alle risorse di cui hanno bisogno senza complicazioni o irregolarità.
Gli endpoint sono punti di accesso a dati o risorse di elaborazione ospitati su un server e assumono la forma di URI HTTP. Gli endpoint vengono aggiunti all'URL base di un'API (ad es. http://example.com
) per creare un percorso a una risorsa specifica o a un contenitore di risorse specifico. Ecco alcuni esempi di endpoint:
http://example.com/storelocations
http://example.com/accounts
http://example.com/employees
Anche quelli a seguire sono endpoint validi:
http://example.com/storelocations/sanfrancisco
http://example.com/storelocations/newdelhi
http://example.com/storelocations/london
Puoi aggiungere stringhe di query agli endpoint (ad es. http://example.com/endpoint/?id=1
) per inserire variabili che potrebbero essere necessarie per completare la richiesta di un'API. Gli endpoint sono definiti come i "sostantivi" su cui agiscono i verbi (ovvero i metodi HTTP). Le API usano questo framework per rispondere alle richieste.
Più precisamente, un client invia una richiesta composta da un metodo HTTP (verbo) e da un endpoint (sostantivo) per ricevere dati specifici o eseguire un'azione particolare sul server. È importante capire che il server è l'elemento che risponde alla richiesta del client traducendola ed eseguendo un'operazione specifica basata sul metodo e sull'endpoint forniti.
Dato che le attività più importanti vengono eseguite nel backend, si può dire che un'API che utilizza metodi ed endpoint HTTP risiede sul server, agendo come un "implementatore" delle richieste del client. Questo modello definisce a grandi linee le API RESTful, che verranno analizzate più dettagliatamente nella prossima sezione. Se vuoi esercitarti nella creazione di endpoint per un'API, segui il lab Cloud Endpoints: Qwik Start.
Le API che utilizzano il protocollo, i metodi di richiesta e gli endpoint HTTP vengono dette API RESTful. REST (Representational State Transfer) è un tipo di architettura che definisce standard per la comunicazione basata sul web. Google definisce così un sistema RESTful:
… le risorse vengono archiviate in un datastore. Un client invia una richiesta in modo che il server esegua una determinata azione (ad esempio la creazione, il recupero, l'aggiornamento o l'eliminazione di una risorsa) e il server esegue l'azione e invia una risposta, spesso sotto forma di rappresentazione della risorsa specificata.
Questa struttura orientata alle risorse è un principio fondamentale del formato REST. Le API RESTful sono modellate come:
… raccolte di risorse con indirizzi singoli… Le risorse e i metodi vengono chiamati rispettivamente sostantivi e verbi delle API. Nel protocollo HTTP, i nomi delle risorse (sostantivi) corrispondono agli URL, mentre i metodi (verbi) ai metodi HTTP…
Questi termini dovrebbero esserti familiari, perché nella sessione precedente hai esaminato questi componenti di base. REST è il framework maggiormente adottato per le API. Nel 2010, circa il 74% delle API pubbliche erano API REST HTTP.
Oltre alle stringhe di query, le API RESTful possono usare anche i campi seguenti nelle loro richieste:
Il corpo viene scritto nel formato dei dati JSON oppure XML.
Le API RESTful utilizzano XML o JSON (JavaScript Object Notation) come formato file per i dati presenti nel corpo di un metodo di richiesta HTTP.
JSON ha superato l'uso di XML nelle API RESTful, principalmente perché è più leggero, più semplice da leggere e più veloce da analizzare. Ora ti presenteremo brevemente la sintassi e la struttura di JSON. Per informazioni più complete, consulta la documentazione sulla sintassi di JSON di W3C.
JSON supporta i seguenti tipi di dati:
I dati JSON sono composti da coppie chiave-valore. Si tratta di dati collegati composti da un identificatore unico (una chiave) e dai relativi dati di riferimento (valori), La chiave deve essere di tipo stringa e il valore può essere qualsiasi tipo di dato tra quelli sopra elencati.
Di seguito è riportato un esempio di coppia chiave-valore semplice in JSON:
Ecco altri esempi:
Un oggetto JSON utilizza parentesi graffe { } per raggruppare dati organizzati in coppie chiave-valore. Quello qui sotto è invece un esempio di oggetto che contiene tre coppie chiave-valore:
Le virgole separano le coppie chiave-valore archiviate in un oggetto.
I file JSON possono contenere un numero illimitato di coppie chiave-valore e/o oggetti. Quando si sviluppa a livello professionale, non è raro trovare file lunghi centinaia (se non migliaia) di righe. In qualità di sviluppatore, sai bene che basta un piccolo errore nella formattazione o nella sintassi per corrompere l'intero codebase.
Gli strumenti di convalida JSON come jsonlint o, se usi Chrome come browser principale, l'estensione JSONView identificano rapidamente gli errori di sintassi e di formattazione nel codice JSON, indicando dei modi per risolverli.
Ecco degli esercizi pratici con uno strumento di convalida JSON.
Apri lo strumento di convalida jsonlint in una nuova scheda.
Incolla il seguente blocco di codice nello strumento di convalida:
Quindi, fai clic su Convalida JSON. Nella sezione dei risultati dovrebbe comparire un riquadro verde che riporta il messaggio JSON valido
.
Ora incolla il seguente blocco di codice nello strumento di convalida:
Vedrai che manca una virgola e il rientro non viene mantenuto. Il rientro viene corretto e lo strumento di convalida evidenzia quali errori erano presenti:
Lo strumento di convalida rileva la mancanza di un identificatore (una virgola) dopo la seconda riga, che è quanto era stato anticipato. Aggiungendo una virgola dopo la seconda riga e facendo clic su Convalida JSON, ora dovresti visualizzare il seguente output:
Man mano che segui lab in cui usi API e JSON, uno strumento di convalida JSON come questo può risparmiarti molti problemi, tempo e sforzi per cercare di eseguire il debug degli errori di sintassi.
Rispondi alle seguenti domande a scelta multipla per consolidare quanto hai imparato finora.
Metterai in pratica ciò che hai imparato eseguendo chiamate API REST/JSON Cloud Storage in Cloud Shell per creare bucket e caricare contenuti.
Adesso apri una sessione di Cloud Shell. Esegui questo comando per creare e modificare un file denominato values.json
:
Nell'editor di testo nano
, copia e incolla il seguente blocco di codice, sostituendo <YOUR_BUCKET_NAME>
con un nome bucket unico:
nano
premendo Ctrl+X → Y → Invio.Hai appena creato un file JSON che contiene un oggetto con tre coppie chiave-valore: name
, location
e storageClass
. Questi sono gli stessi valori necessari quando crei un bucket con lo strumento a riga di comando gsutil
oppure nella console.
Prima di poter creare un bucket nell'API REST/JSON Cloud Storage, dovrai disporre dei criteri di autenticazione e autorizzazione necessari.
L'ultimo argomento da affrontare è lo schema di autenticazione e autorizzazione delle API.
Il processo di autenticazione identifica chi sei, mentre quello di autorizzazione determina cosa puoi fare.
Le API di Google utilizzano tre tipi di servizi di autenticazione/autorizzazione: "chiavi API", "account di servizio" e "OAuth". Un'API utilizza uno di questi servizi di autenticazione a seconda delle risorse necessarie e da dove l'API viene richiamata.
Le chiavi API sono dei token segreti, solitamente sotto forma di stringhe criptate. Le chiavi API sono facili da creare e usare. Le API che utilizzano dati o metodi pubblici e che vogliono consentire agli sviluppatori di essere immediatamente operativi spesso usano chiavi API per autenticare gli utenti.
Nell'ambito di Google Cloud, le chiavi API identificano il progetto chiamante che esegue la chiamata a un'API. Identificando il progetto chiamante, le chiavi API consentono di associare le informazioni sull'utilizzo a quel progetto. Possono anche rifiutare le chiamate provenienti da progetti a cui non è stato autorizzato l'accesso o non sono stati abilitati dall'API.
I token OAuth sono simili alle chiavi API dal punto di vista del formato, ma sono più sicuri e possono essere collegati ad account utente o identità. Vengono usati principalmente quando le API offrono a uno sviluppatore i mezzi per accedere ai dati utente.
Mentre le chiavi API concedono agli sviluppatori l'accesso a tutte le funzionalità di un'API, tutti gli ID client OAuth si basano sull'ambito: a identità diverse verranno assegnati privilegi diversi.
Un account di servizio è un tipo speciale di Account Google che appartiene all'applicazione o a una macchina virtuale (VM) invece che a un singolo utente finale. L'applicazione assume l'identità dell'account di servizio per chiamare le API di Google. In questo modo gli utenti non vengono coinvolti direttamente.
Puoi utilizzare un account di servizio fornendo la relativa chiave privata all'applicazione oppure usando gli account di servizio integrati disponibili durante l'esecuzione su Cloud Functions, Google App Engine, Compute Engine o Google Kubernetes Engine.
Se ti interessa un lab specifico sugli account di servizio e i ruoli, vedi: Service Accounts and Roles: Fundamentals.
Poiché Cloud Storage è una piattaforma che ospita dati utente e vi fornisce l'accesso, dovrai creare un token OAuth prima di usare i suoi servizi.
Apri OAuth 2.0 Playground in una nuova scheda. Si tratta di un servizio che consente di creare facilmente token OAuth.
Scorri e seleziona API Cloud Storage V1.
Quindi, seleziona l'ambito https://www.googleapis.com/auth/devstorage.full_control:
Fai clic sulla casella blu che riporta Autorizza API. Si aprirà la pagina Accedi con Google.
Seleziona il tuo nome utente Qwiklabs, quindi fai clic su Continua quando viene richiesta l'autorizzazione.
Al Passaggio 2 viene creato un codice di autorizzazione.
Copia il token di accesso, lo userai nel prossimo passaggio.
ls
e premi Invio. Dovresti visualizzare il file values.json
che hai creato in precedenza e un file README-cloudshell.txt
:Output:
Esegui questo comando per impostare il token OAuth2 come variabile di ambiente, sostituendo <YOUR_TOKEN>
con il token di accesso che hai creato:
Esegui il comando seguente per impostare l'ID progetto come variabile di ambiente, sostituendo <YOUR_PROJECT_ID>
con l'ID progetto di Qwiklabs:
Ora esegui questo comando per creare un bucket di Cloud Storage:
values.json
e sostituisci il nome del bucket.
Questa richiesta rappresenta il culmine di quanto hai appreso finora. Hai utilizzato lo strumento di interfaccia a riga di comando curl per creare una richiesta di metodo POST HTTP. Hai inserito il file values.json
nel corpo della richiesta. Hai inserito il token OAuth e una specifica JSON come intestazioni della richiesta. Questa richiesta è stata instradata all'endpoint di Cloud Storage, che contiene un parametro di stringa di query impostato per il tuo ID progetto.
Per visualizzare il bucket che hai appena creato, nel menu di navigazione seleziona Cloud Storage > Bucket:
Fai clic su Controlla i miei progressi per verificare l'attività eseguita. Se hai creato correttamente un bucket con l'API JSON/REST Cloud Storage, visualizzerai un punteggio di valutazione.
Puoi usare l'API JSON/REST Cloud Storage per caricare i file nei bucket.
Nella sessione di Cloud Shell, fai clic sull'icona del menu con tre puntini nell'angolo in alto a destra, quindi fai clic su Carica > Scegli file. Seleziona e carica il file demo-image.png
. In questo modo l'immagine verrà aggiunta alla directory.
Esegui questo comando per visualizzare il percorso del file immagine:
Dovrebbe essere restituito un output simile a questo:
Imposta un percorso file come variabile di ambiente tramite il comando seguente, sostituendo <DEMO_IMAGE_PATH>
con l'output del comando precedente:
Imposta il nome del bucket come variabile di ambiente tramite il comando seguente, sostituendo <YOUR_BUCKET>
con il nome del tuo bucket:
Ora esegui il comando seguente per caricare l'immagine demo nel bucket di Cloud Storage:
Dovrebbe essere restituito un output simile a questo:
Per visualizzare l'immagine aggiunta al bucket, apri il menu di navigazione e seleziona Cloud Storage > Bucket.
Quindi, fai clic sul nome del bucket. Dovresti vedere che è stato aggiunto demo-image
:
Se fai clic sull'immagine, verrà aperta la pagina Dettagli oggetto.
Fai clic su Controlla i miei progressi per verificare l'attività eseguita. Se hai caricato correttamente un file con l'API JSON/REST Cloud Storage, visualizzerai un punteggio di valutazione.
In questo lab hai acquisito una solida comprensione delle API e hai provato in prima persona l'API JSON/REST Cloud Storage. Hai scoperto cosa sono le API Cloud, l'architettura delle API, il protocollo e i metodi HTTP, gli endpoint, le API RESTful, il formato JSON e i metodi di autenticazione delle API. Ora hai tutti gli strumenti per partecipare ad altri lab di Qwiklabs sulle API.
Questo self-paced lab fa parte delle Quest OK Google: Build Interactive Apps with Google Assistant, Machine Learning APIs, Workspace Integrations, Developing Data and Machine Learning Apps with C#, Exploring APIs e Develop and Secure APIs with Apigee X. Una Quest è una serie di lab collegati tra loro che formano un percorso di apprendimento. Il completamento di una Quest ti permette di ottenere un badge come riconoscimento dell'obiettivo raggiunto. Puoi rendere pubblici i tuoi badge inserendone i link nel tuo CV online o sui social media. Iscriviti a una delle Quest contenenti il lab e ricevi subito un riconoscimento per averlo completato. Fai riferimento al catalogo Google Cloud Skills Boost per tutte le Quest disponibili.
Non perderti questi lab per esercitarti ancora con le API:
… per utilizzare al meglio le tecnologie Google Cloud. I nostri corsi ti consentono di sviluppare competenze tecniche e best practice per aiutarti a metterti subito al passo e avanzare nel tuo percorso di apprendimento. Offriamo vari livelli di formazione, dal livello base a quello avanzato, con opzioni di corsi on demand, dal vivo e virtuali, in modo da poter scegliere il più adatto in base ai tuoi impegni. Le certificazioni ti permettono di confermare e dimostrare le tue abilità e competenze relative alle tecnologie Google Cloud.
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